
Videosorveglianza in azienda, tra privacy e diritti del lavoratore
Fra i diritti essenziali che necessitano di bilanciamento giuridico, ci sono sicuramente sicurezza e privacy. Entrambi diritti essenziali, che però rischiano continuamente di collidere e per questo il legislatore è puntualmente intervenuto al fine di bilanciare i diversi interessi in gioco. Ad esempio uno strumento sicuramente utile per prevenire furti, problemi e incidenti è quello […]
Fra i diritti essenziali che necessitano di bilanciamento giuridico, ci sono sicuramente sicurezza e privacy.
Entrambi diritti essenziali, che però rischiano continuamente di collidere e per questo il legislatore è puntualmente intervenuto al fine di bilanciare i diversi interessi in gioco.
Ad esempio uno strumento sicuramente utile per prevenire furti, problemi e incidenti è quello di installare sistemi di videosorveglianza, al lavoro e a casa. Cionondimeno però, affianco all’esigenza di sicurezza, va valutato anche il rischio di compromettere la privacy di lavoratori e inquilini.
Il legislatore è intervenuto soprattutto sulla tutela della privacy del lavoratore, specificando che non può essere ammessa la violazione della sua privacy al fine di valutarne l’efficienza. Il rapporto contrattuale di lavoro non può basarsi sul controllo continuo della condotta del lavoratore, che altrimenti vivrebbe in uno stato quasi di assedio continuo.
Riguardo questi temi si fa riferimento a due fonti legislative essenziali. Da un lato il GDPR e dei suoi principi per tutto ciò che attiene all’impatto della videosorveglianza sulla privacy; dall’altro lo Statuto dei lavoratori per ciò che invece concerne l’applicazione di questa materia nell’ambiente lavorativo.
Dal combinato disposto delle due fonti legislative, è possibile evincere la disciplina dettagliata di equilibrio fra sicurezza e privacy, anche in tema di videosorveglianza. Ad esempio i diritti dei lavoratori, le procedure cui deve attenersi il datore di lavoro, ma anche di quali diritti può disporre, al fine di tutelare il proprio patrimonio e gli interessi dell’azienda.
I principi generali
In tema di privacy e quindi di GDPR, è necessario individuare prima di tutto chi sia il titolare del trattamento dei dati personali. In caso di videosorveglianza, questo è designato nel soggetto privato o pubblico che metta in atto il controllo sul personale impiegato.
Tale soggetto è investito del principio di responsabilizzazione, introdotto nel 2016 dal GDPR. Il principio designa il titolare come principale responsabile del trattamento, rispetto al quale è tenuto a dar conto, sia ai lavoratori, che eventualmente al Garante della Privacy.
Il titolare è tenuto a dare la cosiddetta doppia informativa. Ossia un’informativa minima (come il semplice cartello che vediamo anche nei treni o nei negozi, con l’indicazione del fatto che si tratti di un’area videosorvegliata) ed una completa di tutte le informazioni relative al trattamento dei dati evinti dalla videosorveglianza.
La prima forma di informativa era preesistente al 2016, la sua fonte normativa era l’art. 13 co. 3 del vecchio Codice della Privacy. La seconda, invece, è stata introdotta dal GDPR.
L’informativa completa deve comprendere:
- I dati di contatto del titolare del trattamento, del Responsabile della Protezione dei Dati (DPO)
- Le finalità del trattamento, la base giuridica che generalmente risiede nell’interesse legittimo del titolare ex art. 6, comma 1, lett. f) del GDPR, le quali necessitano di essere determinate, esplicite e legittime.
- I destinatari del trattamento,
- L’eventuale trasferimento degli stessi all’estero
- I diritti dell’interessato ex artt. 15, 16, 17, 18 e 21
È ovviamente necessario adottare adeguate misure di sicurezza a protezione dei dati conservati. Il titolare deve essere nelle condizioni di conoscere perfettamente chi ha la possibilità di accedere alla visione dei dati raccolti.
Videosorveglianza in azienda
A proposito della tutela in ambito sindacale e lavorativo, lo Statuto dei Lavoratori, all’art. 4 pone il divieto generale di controllo da remoto dell’attività lavorativa. Il controllo può essere attuato solo se finalizzata alla tutela del patrimonio.
Le modalità con cui vengono installate, controllate e utilizzate le videocamere sono oggetto di contrattazione sindacale tramite accordo collettivo fra le rappresentanze sindacali unitarie (RSU) o aziendali (RSA) e datore di lavoro.
Non risulta sufficiente la mera indicazione della presenza di sistema di videosorveglianza tant’è che l’accordo o l’autorizzazione sono necessari anche qualora l’impianto entri in funzione in fascia oraria notturna, quando l’attività lavorativa non è in essere. Risulta irrilevante anche che le telecamere installate non siano funzionanti.
La violazione di suddette prescrizioni è disciplinata e penalmente sanzionata dal combinato disposto degli artt. 4 e 38 della legge n. 300 del 1970.